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Questioni di carattere

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Più di 500 anni fa un signore tedesco alleggerì al mondo l’incombenza (pare che in Asia la tecnica fosse già diffusa mezzo secolo prima) di “manoscrivere”,  licenziando milioni di amanuensi e dando origine ad una delle più grandi invenzioni tecnologiche della storia dell’umanità: la stampa a caratteri mobili, che conferì alla pagina da leggere un’uniformità fino ad allora sconosciuta.

Con questo procedimento l’uomo cominciò a comunicare in un modo tutto nuovo. Milioni di testi vennero pubblicati e ampiamente diffusi in maniera veloce ed economica: ciò contribuì a segnare profondamente la diffusione della cultura e delle idee.

I caratteri o font (dal francese medioevale “fonte” ovvero «(qualcosa che è stato) fuso» – dal latino fundere, con riferimento ai caratteri mobili prodotti per la stampa tipografica, ottenuti versando il metallo fuso nella forma contenente la matrice del singolo carattere)1 disegnati dai progettisti, si fecero apprezzare da miliardi di occhi in tutto il mondo e divennero – assieme alle immagini – gli assoluti protagonisti della carta stampata.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1508396586068{padding-top: 20px !important;}”][vc_column][vc_column_text]

L’evoluzione

Dalla Galassia Gutenberg all’attuale “epoca Zuckerberg” ne è passata di acqua sotto i ponti. Si produce molta meno stampa ma il carattere tipografico continua la sua ascesa nel mondo della comunicazione grazie alla Rete, al codice HTML (che da le direttive al browser web su quale struttura avrà la pagina che stiamo visualizzando) e ai CSS (i fogli di stile che contengono i comandi per la formattazione e la definizione del layout del sito che stiamo “sfogliando”).
Navigando con il nostro browser tramite un qualsiasi device troviamo migliaia di pagine graficamente accattivanti che presentano i caratteri più svariati, ma al principio del linguaggio HTML c’era un’estrema povertà di fonts: quando i designers iniziarono a pasticciare il web si parlava solo di Courier, Times new Roman, Arial/Helvetica e Verdana (sviluppato da Microsoft appositamente per il web).[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1508396586068{padding-top: 20px !important;}”][vc_column][vc_column_text]

La salvezza e la “Sagra del Carattere”

Con l’avvento della terza versione riveduta e corretta dei fogli di stile – i CSS3 – fu introdotta la regola @font-face, che fece in modo che l’utente potesse scaricare in automatico sul suo computer il font indicato dal foglio di stile, appositamente compresso in formati come l’EOT o il WOFF.

Ma si poteva fare di meglio.

Nei primi 10 anni di questo secolo uno dei giganti della Silicon Valley decise di facilitare di un bel po’ la vita dei fanatici del bel carattere. Vennero lanciati i Google Fonts e l’impaginazione dei siti web non fu più la stessa.
Oggi non è più indispensabile caricare sul server formati compressi come l’EOT per un solo font: è sufficiente dichiarare l’uso del carattere di Google (attualmente si può scegliere tra 846 font-families con grazie, bastoni e simil-scritti-a-mano) scrivendo una riga di codice nell’header (la testata del sito) e definirlo nel CSS, così che questi files vengano scaricati in automatico dal browser dell’utente finale dai server del celebre motore di ricerca.

I Google fonts rappresentano la “Sagra del carattere”, una vera e propria grande abbuffata per il designer goloso di nuovi stili dell’alfabeto come per il classicista, che può trovare parentele anche abbastanza strette con certi intramontabili evergreen come il Garamond (> Cormorant), il Trajan (> Cinzel) o l’Arial Rounded (> Nunito).

Buona abbuffata a tutti![/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]1Wikipedia[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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